Descrizione
DSA ( Disturbi Specifici dell’Apprendimento)
con questo termine ci si riferisce ai soli disturbi delle abilità scolastiche ed in particolare a: DISLESSIA, DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA E DISCALCULIA. La principale caratteristica di questa categoria è la sua specificità, ovvero il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino NON deve presentare: deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici.
Suggerimenti per la settimana della dislessia
LA DISLESSIA
La DISLESSIA è la difficoltà di leggere il linguaggio scritto. Per la maggior parte di noi, la comunicazione scritta è del tutto naturale: si impara a leggere e a scrivere senza eccessiva fatica e si automatizzano le procedure, cioè lo fai senza pensarci, cosicché, dopo poco tempo, diventa una cosa normale, come andare in bicicletta.
Per i bambini dislessici non è così: NONOSTANTE la loro intelligenza, affrontare la parola scritta per loro non diventerà un automatismo, a prescindere da quante ore staranno chini sui libri.
Per un bambino dislessico affrontare la parola scritta è come se stesse guidando la bicicletta sempre per la prima volta: le lettere e le parole gli impongono la massima concentrazione, tanto che ha difficoltà a comprendere il significato di un testo, non certo per scarsa intelligenza, ma perché tutte le sue energie sono impegnate a decifrare e interpretare i segni grafici.
Ha solitamente molte idee per la scrittura, è creativo, fantasioso…ma spesso non riesce a dare una forma linguistica corretta ai suoi pensieri e alle sue conoscenze, perciò il risultato dei suoi sforzi viene penalizzato.
L’autostima (cioè la fiducia che abbiamo in noi stessi) ne risente, la motivazione cala, la fatica diventa eccessiva rispetto a quella dei compagni, gli apprendimenti non vengono conseguiti…
Ma la cosa peggiore è che non sempre un dislessico viene compreso da chi gli sta attorno: può essere visto come un bambino svogliato, che si impegna poco, pigro o immaturo… Non ci si accorge che in realtà l’impegno che gli viene richiesto è eccessivo rispetto ai risultati, che la sua modalità di apprendere è diversa da quella comune, ma non è minore: è solo DIVERSA.
La frustrazione che può avvertire vedendo che non riesce come gli altri…. anche se si impegna potrà farlo sentire inadeguato, triste o arrabbiato. E sicuramente, se non verrà riconosciuto, capito ed aiutato, perderà la motivazione e l’interesse per lo studio e la scuola diventerà presto per lui un luogo difficile in cui stare…perché gli ricorda il suo insuccesso.
Qui si trovano i modelli che si possono compilare per la gestione del protocollo DSA:
ESEMPI PER LA COMPILAZIONE DEL PROTOCOLLO
grigliaosservativaprimaria_dsa
grigliaosservativasecondaria_dsa
LA FAVOLA DEL RE TRENTATRE’
C’era una volta un re che si chiamava Trentatré. Un giorno Trentatrè pensò che un re deve essere giusto con tutti. Chiamò Sberleffo, il buffone di corte: “Io voglio essere un re giusto – disse Trentatré al suo buffone – così sarò diverso dagli altri e sarò un bravo re”. “Ottima idea maestà” – rispose sberleffo con uno sberleffo.
“Nel mio regno – pensò il re – tutti devono essere uguali e trattati allo stesso modo”. In quel momento Trentatré decise di cominciare a creare l’uguaglianza. Prese il canarino dalla gabbia d’argento e gli diede il volo fuori dalla finestra: il canarino ringrazio e sparì felice nel cielo. Soddisfatto della decisione presa, Trentatré afferrò il pesce rosso nella vasca di cristallo e fece altrettanto, ma il povero pesce cadde nel vuoto e morì.
Il re si meraviglio molto e pensò: “Peggio per lui, forse non amava la giustizia”. Sberleffo gli consigliò di cambiare tattica. Trentatré, allora, prese le trote dalla fontana del suo giardino e le gettò nel fiume: le trote guizzarono felici. Poi prese il merlo dalla gabbia d’oro e lo tuffò nel fiume, ma questa volta fu il merlo a rimanere stecchito. “Stupido merlo – pensò Trentatré – non amava l’uguaglianza”. E chiamò di nuovo il buffone Sberleffo per chiedergli consiglio. ” Ma insomma! – gridò stizzito il re – come farò a trattare tutti allo stesso modo?”.
” Maestà – disse Sberleffo – per trattare tutti allo stesso modo bisogna, prima di tutto, riconoscere che ciascuno e diverso dagli altri.
La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, ma dare a ciascuno il suo”.
di Claudio Imprudente